“Pirandello” e “Psicologia dei Costrutti Personali” a confronto

Nel seguente scritto ho deciso di soffermarmi sugli aspetti comuni e sulle differenze tra Pirandello e la Psicologia dei Costrutti Personali (PCP). È da evidenziare, innanzitutto, un importante tema che accomuna l’approccio della PCP e quello della letteratura di Pirandello: la realtà, non come mondo prestabilito, dato e oggettivo, ma come qualcosa attivamente costruito dalle persone.  

Difatti, da un lato Kelly afferma che non possiamo avere un contatto diretto con la realtà, libero da interpretazioni: possiamo solo fare delle ipotesi su ciò che la realtà è, e poi verificarne l’utilità o meno di queste ipotesi. Così il modello di persona della teoria dei costrutti personali è lo “scienziato”, impegnato a capire la sua natura e la natura del mondo, e che reagisce all’ ambiente così come lo vede. La realtà non ha una consistenza esterna all’osservatore; non è nemmeno un dato di rappresentazione, ma è interamente costruzione.

Dall’altro lato, Pirandello, nel suo “Uno, nessuno e centomila”, scrive: “Ah, voi credete che si costruiscono soltanto le case? Io mi costruisco di continuo e vi costruisco, e voi fate altrettanto”. Sostiene perciò l’idea di una realtà che non può prescindere da chi la costruisce e che non c’è un oggetto “vero”, ma l’oggetto è definito “vero” in base a criteri che dipendono dall’osservatore. Anche in “Così è (se vi pare)” Pirandello mette in scena l’impossibilità di giungere ad un’unica realtà assoluta, tanto che uno dei protagonisti afferma “Non si potrà mai sapere la Verità”.

Questo stesso modo di guardare alla realtà mi porta ad un ulteriore caratteristica in comune tra la poetica pirandelliana e la psicologia di Kelly: l’esistenza come continuo divenire. Se da un lato il lavoro del terapeuta costruttivista è quello di avere una considerazione globale della sequenza degli eventi, con l’obiettivo di costruire un sistema di costrutti per l’anticipazione di quanto accadrà, la letteratura di Pirandello ci dice che “la vita è un continuo, mutevole fluire”.

Alla base della poetica pirandelliana, infatti, vi è la concezione che tutta la realtà è eterno divenire e flusso continuo. Tutto ciò che si stacca da questo flusso comincia a morire. Secondo questa lettura, noi siamo in un eterno fluire della vita, ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali, a fissarci in una personalità, che, in realtà, è solo un’illusione.

Se nella letteratura pirandelliana le parole sono considerate vuote, nella psicologia dei costrutti personali i costrutti sono dimensioni di senso personali, dove la stessa parola può voler dire altro, a seconda del senso che assume per la persona. Il linguaggio è perciò, secondo Pirandello, una menzogna: essendo diverso da persona a persona, non esiste una comunicabilità tra i personaggi dei suoi scritti, che, tuttavia, sperimentano l’inganno della comprensione reciproca.

Kelly invece afferma: “Le persone differiscono l’un l’altra nella loro costruzione degli eventi” (Kelly, 1955, p.55), riferendosi quindi a differenze nel contenuto delle dimensioni di costrutto, ma anche nel modo in cui i costrutti si combinano nel sistema. Ma, contemporaneamente, parla di un’interazione sociale, basata sulla comprensione, cioè sul costruire effettivamente le costruzioni dell’altra persona.

Infine, nonostante i differenti campi d’interesse, sia la PCP che la letteratura pirandelliana rappresentano uno sguardo sulle cose, un modo di intendere l’esperienza umana, un modo di leggere il corso degli avvenimenti.